(vi scrivo da Hanoi, Vietnam da un pc locale causa blocco socialista dei miei dns... mi scuso per l'ortografia)
Siamo dell'idea che per capire le cose più grandi di noi sia necessario porsi innanzi a un bivio e scegliere una tra le due direzioni:
A- avere Fede
B- andare a fondo
Per capire come sia possibile sanare un trauma collettivo colmo di mille orrori e sciagure abbiamo optato per un cammino tortuoso e invasivo all'interno della societa' timorense. 
C'e' voluta tanta fede per farlo ma anche una certa rinuncia al giudizio, alla comprensione.
Se pensi di capire qualcosa dell'Asia, rassegnati. 
Questo e' stato l'unanime insegnamento/monito proferito da coloro che l'Asia l'hanno scelta per missione, coloro che hanno speso la vita in queste terre in cerca di fare del bene al prossimo e che possibilmente moriranno qui.
Guardare, non toccare e passare. 
Noi chiediamo e ci tuffiamo dentro le comunita' senza grosse pretese, cercando di non abusare con l'impronta delle nostre suole cosi' tanto pesanti (e forse inutili) se affiancate ai segni nudi e umili della gente di Timor.
Non esiste riparazione, senza riconciliazione. Non esiste riconciliazione, senza mediazione e alle volte, preferibilmente, senza il perdono.
Ma cosa vuol dire perdonare a Timor?
Per capirlo abbiamo scomodato politici, diplomatici, operatori di giustizia, famiglie religiose, giovani e intere comunita'.
Tutti e dico tutti ci hanno dato una sola risposta: la riparazione e' un negozio e il perdono e' pecunia.
Prendete l'ormai noto esempio del matrimonio a queste latitudini: il diritto alle nozze avviene solo dopo aver legittimamente provato la fertilita' della prescelta. 
Quando parlo di legittimita' parlo di tante cose. 
In primis cio' che e' legittimo e' cio' che la tradizione sancisce. 
Ove vige la tradizione c'e' sempre una comunita' che ha il compito di salvaguardarla attraverso l'adempimento degli obblighi di uso e costume. 
Tradotto: la consuetudine derivante da un'origine ormai persa nella notte dei tempi regna sovrana sulle vite dei futuri pargoli per mezzo del mandato comunitario. 
Comunita' intesa come insieme raggruppante clan e famiglie. 
Quindi, quando dico la legittimita' a provare la fertilita', dico che c'e' la famiglia di tizio che si accorda con la famiglia di tizia affinche' il tizio possa usare a suo piacimento il suo soldatino. 
Se Tizia rimane gravida, allora tizio promette dote. 
La dote e' sub-negozio, un' obbligazione contratta tra le due famiglie: Tot capi di bestiame (77 buoi o 77 cavalli) in cambio della mano della ormainonpiuvergine figlia. 
Questa obbligazione segna l'avvio di un nuovo diritto da esercitare quando e come si vorra': il diritto ad acquisire i futuri figli. 
Semplifico. 
Provata la fertilita' sicelebra un matrimonio gia' consumato, atto garantito tramite il "paghero'" della dote in bestiame. 
I capi di bestiame costano tanto e questo alle volte comporta un debito che difficilmente verra' estinto dallo sposo (giovane, giovanissimo) nel corso della sua intera vita. 
Se tale debito perdurera' nel tempo, la famiglia di lei diventera' legittimamente proprietaria dei figli della coppia. 
Una sorta di patria potesta' che garantisce braccia da mandare al campo, in citta' o forse al macello.
In tutto questo non teniamo in considerazione alcuni aspetti:
-il ruolo della figlia/ragazza/donna/futura sposa.
- i futuri pargoli
E se lei non fosse stata consenziente?
Se la "prova" fertilita' non fosse null'altro che una violenza sessuale continuata nel tempo?
Se non volesse avere figli, famiglia e vita domestica o semplicemente non volesse avere un lui o lui?
Durante l'epoca della colonia, i portoghesi hanno pensato bene che non fosse necessario disciplinare la successione e la questione delle terre  e della loro compravendita, attraverso regolari titoli di proprieta'. 
Sono arrivati gli indonesiani e tra i vari casini sopraggiunti e' arrivato un nuovo ordine: emettere titoli di proprieta'! 
Il piccolo problema e' che nel corso degli anni, piu' persone, per tradizione, famiglia e ora diritto, si sono trovati a disputarsi quel ormai piccolo e parcellizzato fondo. 
Voi sapete meglio di me che cosa voglia dire terra in un paese in via di sviluppo, rurale, senza un'industria e un mercato di esportazione.
Finisco col botto.
Caso A: ho una figlia adolescente con un ritardo e insieme a mia moglie vado a lavorare la terra, lasciando che mia figlia, rimasta sola a casa, venga violentata da un vicino.
Caso B: ho una moglie ma me la spasso con almeno altre due donne (dalle quali avro' dei figli) e poi vengo scoperto.
Caso C: ho rubato.
Caso D: ho diffamato.
Caso F: ho ucciso.
(e cosí via fino alla Z o altre lettere misteriose di altre misteriose lingue perse per la galassia).
Che cosa voglio dire con tutta questa storia?
Che a Timor tutto quello che e' penale e civile si risolve con un negozio avente come natura una sola e consentita riparazione: la transazione economica.
Questa patrimonialita' del dolo, del delitto o semplicemente della vita relega la vittima ai margini di ogni contesto. 
La vittima e la sua testimonianza non hanno senso in quanto non esistono: 
"a lei va bene questa soluzione", dice il padre della violata. 
"se la sara' cercata" dice la madre dell'ammazzato che ha appena pattuito i 50 mila dollari con la famiglia dell'Assassino che non andra' in galera (tutto vero).
Poi arrivano gli indonesiani, fanno mattanze e torturano, vengono condannati da un tribunale internazionale e gli "stranieri" avviano la riconciliazione.
Che ruolo avranno avuto questa volta le vittime?
Francesco
(Grazie per la lunga e faticosa lettura)
 
 
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