Eccoci di
nuovo qui a condividere con voi altre storie di Timor.
Lì dove il
portoghese è la lingua ufficiale, ma chi è nato durante il periodo dell’occupazione
indonesiana (o poco prima) non lo parla e i maestri di oggi, che devono
insegnarlo nelle scuole, sono obbligati a seguire un corso intensivo di tre
mesi per impararlo.
Lì dove per
l’educazione si investe all'estero. I giovani migrano per studiare, per formarsi; vanno in Indonesia, qualcuno in Europa, altri nelle Filippine. Poi
tornano (chi lo fa) e si trovano con una preparazione che però non trova collocazione.
Questa é la
storia di centoventi storie, quelle che puoi leggere negli occhi delle bambine e
ragazze dell’orfanotrofio di Venilale, un villaggio a circa 150 km dalla
capitale Dili. 
Ci si arriva dopo ore di buche, curve e polvere che ti si
incastra fin nei capelli e il mare, alla tua sinistra, tanto celeste da
sembrare irreale che si intrufola pacifico in quel paesaggio selvaggio.
Forse per
noi è strano sentir ancora parlare di orfanotrofi. Ormai si tratta di una parola in
disuso. Oltretutto è uno di quei termini che forse ci riporta alla mente accezioni
puramente negative.
Ma non qui,
dove orfanotrofio significa semplicemente casa, o meglio, come dicono i sorrisi
che lo popolano “la nostra vera casa”.
Dove 
per casa non si intende tanto il tetto sopra la testa o il letto sul
quale dormire, piuttosto un luogo dove sentirsi bene, al sicuro.
Dove sono felice semplicemente perché
tu lo sei; dove non serve essere arrabbiati.
Dove il sapore del riso e lenticchie
alternato a riso e fagioli, riesce ad essere sempre diverso anche se lo vedi
tutti i giorni per pranzo e cena, e la domenica è il giorno del pranzo speciale,
perché magari c’é un po’ di verza.
Dove chi
sei, il tuo nome, la tua storia sono sempre speciali anche se qui si è in tanti.
Dove ogni
sera, viene l’ora della buona notte, quando ci si riunisce per augurarsi l’un altra
un sonno tranquillo e bei sogni, prima che le luci si spengano.
E non si parla solo di bambine
orfane. 
Qui arrivano anche le figlie dell’abbandono (che sono tante), le “vittime” innocenti della disgregazione familiare o della violenza.
Qui arrivano anche le figlie dell’abbandono (che sono tante), le “vittime” innocenti della disgregazione familiare o della violenza.
A Timor, come in altri paesi che
abbiamo incontrato durante il nostro cammino, le relazioni e l’amore sono
labili; la vita è oggi e a domani penserò domani. 
Ci si separa con facilità; ci si ricostruisce
una nuova famiglia; si migra per lavoro o studio e ai figli, qualcuno ci penserà. 
Spesso, l'incesto, l'abuso sono percepiti come normalità. 
Questa è anche la storia di chi come Suor Letizia, suor Joana e Suor Alma, a Timor ci
vivono da più’ di 20 anni e nell'educazione (di qualità) ancora ci credono e ci investono.
Sono ogni
giorno al fianco di queste bambine e queste ragazze; non regalano speranze o sogni, piuttosto offrono loro opportunità. 
In fondo sono proprio loro le donne
e le madri di domani. 
 
 
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